IL PRETORE Letti gli atti di causa, sciogliendo la riserva formulata, rileva: nei confronti della ricorrente Nesi Lucia il Collegio regionale di garanzia elettorale presso la Corte d'appello di Firenze, con provvedimento di data 27 giugno 1995 (notificato in data 29 luglio 1995), ha applicato la sanzione pecuniaria amministrativa di L. 50.000.000, e cio' "per l'omesso deposito della dichiarazione e del rendiconto da presentarsi al Collegio regionale di garanzia elettorale ai sensi dell'art. 7, comma 6, della legge n. 515/1993"; in tal modo operando il Collegio suddetto ha inflitto la sanzione nel minimo in quanto, ai sensi dell'art. 15 della citata legge, per l'omesso deposito da parte del candidato della dichiarazione e del rendiconto relativo ai contributi e servizi ricevuti ed alle spese sostenute, e' prevista una sanzione amministrativa pecuniaria da L. 50.000.000 a L. 200.000.000; avverso tale provvedimento sanzionatorio la Nesi ha proposto opposizione ex art. 22 legge n. 689/1981 dinanzi a questo pretore affermando che "si candidava nella lista dei Verdi, senza poi venire eletta, alle ultime elezioni del 27 marzo 1994 per la Camera dei deputati nella circoscrizione della regione Toscana, quota proporzionale" e che "accettava la suddetta candidatura all'unico ed esclusivo scopo di consentire al gruppo politico dei Verdi di completare la lista elettorale per la quota proporzionale, tant'e' che la candidata veniva iscritta all'ultimo posto della lista medesima"; la Nesi ha aggiunto di non aver svolto alcuna attivita' di campagna elettorale, di non aver sostenuto alcuna spesa e di non essersi avvalsa dei mezzi di propaganda messi a disposizione del gruppo politico di appartenenza; fatte tali premesse, la ricorrente ha sostenuto che l'illecito contestatole non sussiste in quanto non le faceva carico alcun obbligo di dichiarazione, posto che non aveva sostenuto alcuna spesa e non si era avvalsa del materiale propagandistico messo a disposizione dal partito; la Nesi ha altresi' eccepito l'illegittimita' costituzionale degli artt. 7, comma 7, e 15, comma 5, della legge n. 513/1993 in relazione all'art. 3 della Costituzione, in quanto vengono ad essere assoggettate allo stesso trattamento sanzionatorio posizioni del tutto diverse quali quelle dei: a) candidati eletti e non eletti; b) candidati non eletti che hanno sostenuto spese e candidati non eletti che non hanno sostenuto spese; c) candidati che hanno svolto campagna elettorale e candidati che non hanno svolto tale attivita'; poiche' la legge impone a tutti i candidati (eletti e non eletti) di trasmettere al Collegio regionale di garanzia elettorale una "dichiarazione concernente le spese sostenute e le obbligazioni assunte per la propaganda elettorale ovvero l'attestazione di essersi avvalsi esclusivamente di materiali e di mezzi propagandistici predisposti e messi a disposizione dal partito", e poiche' tale adempimento ha lo scopo di rendere possibile la consultazione delle dichiarazioni e dei rendiconti da parte dei cittadini che intendano farlo, nonche' di porre il Collegio regionale in condizione di verificarne la regolarita' (art. 14 legge n. 515/1993), pare debba ritenersi che alla trasmissione della dichiarazione e del rendiconto siano tenuti tutti i candidati (a prescindere dalla elezione o meno) compresi quelli che non abbiano sostenuto spese o non abbiano comunque svolto campagna elettorale; infatti, ai sensi dell'art. 14, comma 2, della legge n. 515/1993, gli elettori possono presentare esposti sulla regolarita' delle dichiarazioni e dei rendiconti presentati, per cui e' chiaro che per esercitare una tale facolta' gli elettori devono essere in grado di consultare un rendiconto ancorche' negativo; conseguentemente la questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 15, comma 5, della legge n. 513/1993 appare rilevante nel presente giudizio; infatti, se dovesse essere confermata la conformita' a Costituzione della previsione sanzionatoria de qua il ricorso non potrebbe che essere rigettato, attesoche' questo pretore non potrebbe ridurre (la domanda di riduzione della sanzione ex art. 23, comma 11, della legge n. 689/1981 e' implicita ma chiara nel ricorso) la sanzione in quanto gia' irrogata nel minimo; tale questione e' anche non manifestamente infondata, sia pur sotto un profilo diverso da quello evidenziato dalla ricorrente; infatti, puo' convenirsi con la Nesi quando rileva che l'omissione dei candidati circa l'adempimento de quo deve essere considerata di gravita' diversa secondo la loro elezione o meno e secondo l'effettuazione o meno di spese e di propaganda elettorale, ma di tale diversita' puo' e deve farsi carico il Collegio regionale nel momento in cui gradua la sanzione fra il minimo ed il massimo, in riferimento ai criteri di cui all'art. 11 legge n. 689/1981 fra i quali vi e', appunto, quello della gravita' della violazione; cio' che fa dubitare, invece, della conformita' all'art. 3 della Costituzione dell'art. 15, comma 5, della legge n. 513/1993 e' la gravita' della sanzione anche nel suo minimo, gravita' che non consente all'organo preposto di irrogare una sanzione ragionevole in presenza di casi di lieve entita' quale pare essere quello della Nesi; vero e' che rientra nella discrezionalita' del legislatore stabilire la rilevanza degli interessi tutelati da una certa normativa e prevedere la sanzione per l'ipotesi di violazione della normativa stessa, ma un limite a tale discrezionalita' ci deve pur essere, e tale limite e' costituito dalla ragionevolezza; con la sentenza n. 50 del 14 aprile 1980 la Corte costituzionale ha rilevato che per il raggiungimento delle finalita' tipiche della pena e' preferibile che la pena stessa sia determinata fra un minimo ed un massimo e che "l'individualizzazione della pena, in modo da tenere conto dell'effettiva entita' e delle specifiche esigenze dei singoli casi, si pone come naturale attuazione e sviluppo di principi costituzionale, tanto di ordine generale (principio d'uguaglianza) quanto attinenti direttamente alla materia penale" la Corte, con la citata sentenza, ha rilevato altresi' che "l'uguaglianza di fronte alla pena viene a significare, in definitiva, proporzione della pena rispetto alle personali responsabilita' ed alle esigenze di risposta che ne conseguano, svolgendo una funzione che e' essenzialmente di giustizia e anche di tutela delle posizioni individuali e di limite della potesta' punitiva statuale"; tali principi, da estendere alle sanzioni amministrative, rapportati alla fattispecie in esame inducono un dubbio circa la costituzionalita' dell'art. 15, comma 5, della legge n. 513/1993 nella parte in cui fissa il minimo della sanzione in L. 50.000.000; infatti, pur essendo la sanzione determinata dalla legge fra un minimo ed un massimo, la sanzione minima e di per se' enormemente afflittiva talche', in sostanza, all'organo preposto alla irrogazione della sanzione e' preclusa la possibilita' di ingiungere il pagamento di una sanzione pecuniaria ragionevolmente proporzionata al comportamento costituente illecito;